Il castello di Nicastro sorge a circa 300 m s.l.m. su una rupe rocciosa isolata dai torrenti Canne e Niola, dominando l’intera città. L’edificio presenta un articolato palinsesto di stratificazioni la cui lettura permette di ricostruirne la storia. Esso è detto normanno-svevo anche se fu costruito su un preesistente nucleo bizantino (di cui non rimangono evidenze archeologiche) e ciò che possiamo ammirare oggi è il risultato delle successive trasformazioni angioine ed aragonesi. La parte alta, contenente le abitazioni dei feudatari e il Cassero, fu costruita dai Normanni nell’XI secolo sulla preesistente fortezza bizantina e a questa età si data anche la costruzione di una torre quadrangolare, il donjon, protetto da una cinta muraria. Alla fondazione del castello seguì quella dell’Abbazia benedettina di Santa Maria di Sant’Eufemia Vetere: Roberto il Guiscardo fece dei due edifici l’emblema del suo potere, attuando attraverso essi il controllo e la rilatinizzazione del territorio. Nel diploma di fondazione dell’Abbazia, del 1062, tra le concessioni fatte dai Normanni ai monaci benedettini c’era anche metà della città di Nicastro con relativo castello. Esso continuò ad avere un ruolo rilevante anche sotto gli Svevi: nel 1194 ospitò l’Imperatore Enrico VI Hoenstaufen e nel 1198 venne restaurato per ordine di Costanza d’Altavilla, durante la minorità di suo figlio Federico. Quando quest’ultimo divenne imperatore innalzò la città di Nicastro a centro amministrativo e militare e il castello venne sottratto ai monaci di S. Eufemia per essere inserito tra i castra extempta, fortificazioni poste sotto il controllo diretto della corona, in cui erano custodite le entrate demaniali del Regno. Nelle stanze del castello, tra il 1240 e il 1242, venne rinchiuso Enrico VII di Germania, il figlio ribelle dell’imperatore. In età sveva il castello assunse l’aspetto attuale, con la costruzione, nella parte interna dove si trova la bassa corte con le cisterne per la conservazione delle acque, della grande ala residenziale organizzata su due piani, della quale rimane un lungo salone con le basi di grossi pilastri quadrati; questa zona coincide esternamente col prospetto frontale rivolto a Sud che reca quattro feritoie. Altre strutture di età sveva sono: il mastio esagonale, che foderò il Mastio normanno; la cortina muraria, a cui vennero legate due torri; la torre circolare con base a scarpa situata allo spigolo sud-ovest con pianta interna esagonale; le due torrette sub-circolari situate sul prospetto; una torre semicircolare legata alla cortina laterale sud-est. Con la dominazione angioina, Carlo I d’Angiò, nel 1268, restituì il castello ai monaci benedettini di Sant’Eufemia e lo restaurò, intervenendo sull’ingresso, protetto dalle due torrette di epoca sveva, che fu dotato di un arco e di due porte a saracinesca. Nel 1442 iniziò la dominazione aragonese e la Contea di Nicastro passò a Marcantonio Caracciolo. A quest’epoca si riconduce la costruzione di due solidi bastioni a foderare il mastio di epoca sveva e il rinforzo del sistema di ingresso con la sovrapposizione di una grossa struttura a scarpa. A partire dalla metà del XVI sec. ha inizio una lunga fase di decastellamento e in un inventario del 1599 si registra la presenza di numerosi ambienti tra cui delle carceri, distinte tra carceri dell’inferno e carceri del paradiso, denominazione adottata in ragione del diverso trattamento riservato ai detenuti. Agli inizi del XVII secolo i Caracciolo vendettero ai d’Aquino il feudo di Nicastro e il castello, oltre ad ospitare le carceri, divenne loro residenza nell’ala inferiore. Ma nel 1609 la città fu colpita da una forte scossa di terremoto che provocò il crollo di un torrione. Con il terremoto il 1783 il castello divenne inagibile e fu abbandonato definitivamente ed il suolo esterno fu ceduto parte in enfiteusi, e parte utilizzato per la costruzione di abitazioni. Nicastro rimase sotto il dominio dei d’Aquino fino al 1799, anno in cui la Contea fu posta sotto sequestro. Alcuni anni dopo passò al Regio Demanio.