ELEGIA PER LA PRINCIPESSA BARBARA. A PROPOSITO DI MEDEA
da Euripide, Seneca, Alvaro, Grillparzer
con Francesca Ciocchetti, Filippo Gessi, Teresa Timpano, Francesca Pica, Alfonso Paola, Miryam Chilà
Musica dal vivo M° Alessandro Calcaramo
Cantante Caterina Verduci
Regia Elena Bucci e Marco Sgrosso
Assistente alla regia Marzia Gallo
Assistente alla produzione Paola Seminara
Produzione Scena Nuda
Progetto co-finanziato da MiC e Comune di Reggio Calabria
IN BREVE
Questa tragedia tante volte rappresentata, ancora vive e brucia. Ci trasmette inquietudine, sgomento ed evoca una fitta rete di domande. Ci trasporta attraverso il tempo: siamo davanti a un tramonto o ad un’alba, in un teatro greco, accanto ai nostri fratelli di migliaia di anni fa mentre ci interroghiamo sulle stesse questioni senza risposta che ci aiutano a guardare dentro noi stessi. Ci addentriamo nel mistero della magia d’amore che porta Medea a tradire la famiglia, ad uccidere il fratello, ad abbandonare la patria per seguire Giasone. Nonostante sia un destino scritto dagli dei, non è forse tutta umana la sua vicenda? Dove comincia e dove finisce la sua responsabilità di giovane donna innamorata? La sua potenza di maga, la sua natura regale non la preservano dalla forza dell’amore, dal potere distruttivo della gelosia, non la proteggono dal dolore che deriva dal tradimento e dall’abbandono. Quando uccide i figli, pur amandoli con immensa tenerezza, li immola sull’altare dell’odio o vuole preservarli da un destino amaro?
Il richiamo alla saggezza come unica risposta al dolore e alle passioni che sovrastano e annebbiano la ragione pare più che mai necessario quando, aprendo gli occhi, ci troviamo intorno tante contemporanee e sperdute Medee che non sanno o non possono vivere senza l’appoggio di un uomo, tanti Giasoni che arrivano alle più efferate violenze in nome del loro privilegio o della loro paura di perderlo. Come accade di fronte a certi fatti di cronaca, di fronte ad eventi della propria vita, si vorrebbe fermare il tempo prima che accada il gesto che non si ripara per capirne prima e non dopo, i tremendi effetti. E di certo sarà una cura rivivere insieme la loro storia, dirla ad alta voce, cantarla, danzarla, lasciare che il teatro accarezzi le ferite e compia il suo miracolo che cura.
Sappiamo che alla fine del viaggio le domande si moltiplicheranno, ma lo sguardo sarà più ampio, più generosa la capacità di comprendere, perdonare, perdonarci. Dall’antichità ci arriva ancora una volta l’invito ad avere la pazienza e la cura di compiere il rito che libera e salva, a rivivere il mito che, mettendoci di fronte agli occhi la follia e il dolore di Medea, di Giasone, lo sgomento dei figli, ci preserva.