F-AÌDA EPPUR CANTAVA ANCORA
testo di Salvatore Arena e Massimo Barilla
Anteprima nazionale
con Salvatore Arena
Progetto Finalista Premio Cappelletti 2019
Regia Salvatore Arena e Massimo Barilla
Scene Aldo Zucco
Disegno luci Luigi Biondi
Musiche originali e sound design Luigi Polimeni
Produzione Mana Chuma Teatro
IN BREVE
La messa in scena di questo testo vuole essere un ulteriore passo in avanti nella direzione già intrapresa con Come un granello di sabbia (Premio selezione In-box blu 2016), che mantiene la memoria del percorso ormai quasi ventennale su una personale forma di teatro di narrazione (il monologo dialogante de Il mondo offeso sempre più esploso nei lavori successivi in una pluralità di voci, interne alla storia, che costruiscono affreschi narrativi policromi sul corpo e sulla parola di un solo attore) e la spinge verso una forma ibrida in cui l’azione e la relazione con lo spazio e la scena (non a caso sempre più complessa e incombente, nonostante il solo attore in scena) rappresentano il corpo stesso su cui il racconto si poggia.
Qui la necessità e l’urgenza, nell’ultima ora di vita, è dettata dalla possibilità per Rocco-Aìda di dire per la prima volta tutto e fino in fondo, in un dialogo muto – che solo la morte rende possibile – con il cadavere del padre, come se una voragine aperta all’improvviso consentisse all’umano, da sempre schiacciato da un contesto antropologicamente nero e monolitico, di trovare il suo spazio in mezzo al disumano. Nessun racconto neutro, dunque, ogni filo di questa trama trova il suo posto perché non può essere trattenuto, che sia di accusa o di dolore, d’amore o d’orrore, ciascuna parola, intima o gridata, è un colpo d’ascia che taglia l’aria perché tutto si compia e il cerchio si chiuda.