L’AVARO
di Molière
libero adattamento, ideazione spazio, costumi, regia Ugo Chiti
con Alessandro Benvenuti
e con Giuliana Colzi, Andrea Costagli, Dimitri Frosali, Massimo Salvianti, Lucia Socci, Paolo Ciotti, Gabriele Gioffreda, Desirée Noferini
Ricerca e realizzazione costumi Giuliana Colzi
Luci Marco Messeri
Musiche Vanni Cassori
Aiuto regia Chiara Grazzini
Macchinista Nicola Monami
Elettricista Francesco Peruzzi
Materiale elettrico Watt Studio
Foto Carlotta Benvenuti
IN BREVE
L’Avaro di Molière, adattato e diretto da Ugo Chiti, è un’opera di bruciante modernità amara e irresistibilmente comica. Questa commedia riesce a essere un classico immortale e nello stesso tempo a raccontarci il presente senza bisogno di trasposizioni o forzate interpretazioni. L’Avaro è uno spaccato familiare e sociale. Arpagone è un capofamiglia balordo, taccagno e tirannico come tanti altri, circondato da un amabile e canagliesco intrigo di servi e d’innamorati. Poi Arpagone viene derubato e l’avarizia cessa di essere un tic, una deformità, uno spunto di situazioni farsesche. La diagnosi investe la psicologia di chi ha subito un furto, di chi è stato defraudato di un oggetto di passione affettiva ed esclusiva, della sua unica ragione di vita. Proprio la fissazione affettiva di Arpagone su un oggetto miserabile sollecita un’equivoca, ma profonda partecipazione emotiva: l’avarizia redime l’avaro. L’Avaro è una delle commedie molieriane che presuppongono uno spaccato familiare, una ‘casa’; ma la ‘casa’ di Arpagone è anche un luogo rigorosamente finto, esplicitamente e spudoratamente teatrale. Una casa che potrebbe essere, una metafora del teatro coi suoi prodigi, le sue inverosimiglianze e la sua cartapesta. Non una vera casa borghese, dove la luce filtra dalle imposte socchiuse, meridiana o mattutina ma comunque naturale; bensì una casa dove tutto si svolge a lume di candela (non fosse l’avarizia), anche se è giorno.