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17 Mar 2017

L’Ulisse, il mio nome è nessuno

Valerio Massimo Manfredi ha dedicato due romanzi a Ulisse: il primo racconta le gesta dell’eroe dall’infanzia fino alla distruzione di Troia. Il secondo dalla partenza da Ilio al ritorno a Itaca. Da questi testi è stata realizzata la materia teatrale che in un lungo viaggio tra poesia, disperazione ed erotismo attraversa la vita di un uomo che ama farsi chiamare Nessuno.

Teatro Grandinetti Comunale

Via Colonello Cassoli, 45
Lamezia Terme, CZ 88046 Italia

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Dettagli evento

17 Marzo 2017 | 20:45 > 23:00

Organizzatore

AMA Calabria
Telefono: 0968 24580
Email: info@amacalabria.org
Sito internet: www.amacalabria.org

L’ULISSE, IL MIO NOME È NESSUNO
di Valerio Massimo Manfredi
adattamento e drammaturgia testo di Francesco Niccolini

con Sebastiano Lo Monaco (Ulisse), Maria Rosaria Carli (Pastore, Athena, Penelope a vent’anni, Elena, voce di Patroclo, Penelope a quarant’anni), Turi Moricca (Laerte, Achille, Telemaco), Carlo Calderone (Aiace, Menelao, Antino)

L’Orchestra “Sax in Progress” dal Conservatorio Perosi di Campobasso

Regia di Alessio Pizzech
Scene di Antonio Panzuto
Costumi di Cristina Da Rold
Musiche originali di Dario Arcidiacono, Davide Summaria
Disegno luci di Nevio Cavina


NOTE DI DRAMMATURGIA di Francesco Niccolini 

Passo dopo passo
Il primo passo è stata una confessione. Prima di tutto perché mi serviva un motivo per far scaturire il racconto, per mettere il mio Ulisse/Lo Monaco nella necessità di raccontare. E poi per sottrarmi al rischio di celebrare un eroe e, peggio ancora, cedere alla retorica, alzando la voce e il tono. La cosa che più mi ha affascinato nei due romanzi di Valerio Massimo Manfredi è la dimensione dubbiosa e riflessiva del suo Ulisse: un uomo che attraversa vent’anni di violenze e impedimenti senza sentirsi il migliore né perseguitato più di qualunque altro uomo, sottoposto alla barbarie delle leggi degli dei e del fato. Anzi, in un certo senso è un privilegiato: vivo per miracolo, scaltro, intelligente, pronto a tutto, e al tempo stesso consapevole del suo disgusto, della sua vigliaccheria e delle sue improvvise paure. È fortunato: perché tra i sommersi e i salvati, lui rientra fra i secondi, con tutti i vantaggi (e i sensi di colpa) che ne conseguono.

Il secondo passo sono stati i fantasmi: sì, perché in questo lungo racconto (modulabile in mille modi, io ne ho solo scelto uno) non ci sono coprotagonisti, ma una infinità di fantasmi, visioni, ricordi e rimpianti. Persone cadute in battaglia, amate o tradite. Le facce si confondono, spesso sono identiche, addirittura le stesse: cambiano solo i travestimenti. Non sono in carne e ossa, ma fanno male, lancinanti come tutte le assenze e le persone perdute. O mai possedute.

Il terzo passo le armature, perché questo è un cimitero di armature. Perché siamo sul campo di battaglia davanti alle porte della città di Troia, e al tempo stesso sulla spiaggia di Itaca dopo l’ultimo naufragio che ha riportato Ulisse a casa, vent’anni dopo. Ma quella spiaggia dalle onde cristallizzate, sta per diventare la sanguinaria scena del massacro di corte, nella quale i principi usurpatori verranno sterminati. Pochi attori dunque, e molti personaggi: tanti quante le carcasse che su questa superba scena trovano posto.

Il quarto passo non poteva che essere, a questo punto. un teatrino dei pupi. Anzi, non un teatrino, ma qualcosa grande come il mondo: un super teatro dei pupi, dove Sebastiano Lo Monaco possa cantare la storia di Ulisse e gli attori, penetrando i corpi/armatura di tutti i fantasmi della sua vita, fargli da coro. Si gioca, si combatte, ci si spacca a metà, si cade, si muore. Si chiudono gli occhi. Fino a quando si vestirà la nuova armatura.

Mettere i miei pensieri e queste visioni a disposizione di Alessio Pizzech e nutrirle dei suoi pensieri e delle sue visioni è stato uno degli atti più naturali e fertili che mi siano capitati in questi anni di scrittura e ricerca: tutti e tre insieme, Sebastiano Alessio e io, pezzo dopo pezzo, abbiamo generato un mondo, un meraviglioso teatrino popolare con banda (fra tutte le idee di Alessio questa mi sembra folgorante e perfetta malinconica sintesi di questo mondo), dove la gioiosa e terribile morte dei pupi torna a trovare un senso con tanta emozione e poesia: lo confesso, solo lì mi sento felice.

Un ringraziamento speciale a Valerio Massimo Manfredi che, con grande fiducia e totale rispetto, mi ha permesso di utilizzare i suoi romanzi: raramente ho trovato tanta serenissima generosità.


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